I cittadini stranieri presenti in Iraq e Kuwait furono trattenuti in ostaggio dal governo iracheno che inaugurò così un’arma nuova, mai impiegata prima da nessuno nella storia moderna: un colossale sequestro di massa per mettersi al riparo dalle rappresaglie dopo l’invasione a freddo del Kuwait avvenuta il 2 agosto 1990.
Tra i sequestrati, numerosi furono i lavoratori italiani. Tra questi, il professore delle scuole medie del Pilastro di Bologna Mimmo Gulì, Gianni Tarroni e Giorgio Melandri, dipendenti della fabbrica Marini di Alfonsine.
Alcuni parlamentari italiani, a seguito dell’evento, annunciarono una missione di pace, chiedendo al governo iracheno il rilascio immediato di tutti i circa 300 italiani trattenuti senza alcun motivo nel paese arabo.
Dopo il rientro della delegazione a Roma, giunse la notizia dall’agenzia di stampa irachena INA, del rilascio immediato di 20 italiani. Successivamente, vennero rilasciati tutti i lavoratori trattenuti.
Questo gesto di pace del governo iracheno non fermò però la guerra che ebbe inizio il 17 gennaio 1991.
Sul piano operativo, la prima missione aerea italiana si risolse in un completo insuccesso. Quasi tutti gli aerei Tornado impegnati, furono costretti a tornare alla base, e l’unico velivolo che riuscì a proseguire verso gli obiettivi prefissati, venne abbattuto. I due piloti, il Maggiore Bellini e il Capitano Cocciolone, vennero fatti prigionieri e liberati solo al termine delle operazioni belliche.